
In tanti supermercati italiani si ripete la stessa scena: uno scaffale vuoto e accanto, uno ancora pieno. Si tratta dello stesso prodotto, ma a prezzi diversi. La differenza? Uno è in offerta, l’altro no. E i consumatori hanno scelto.
Non è solo una questione di sconti. È una fotografia chiara di un comportamento sempre più diffuso: quello di un consumatore attento, che confronta, valuta e sceglie in base non solo al prezzo, ma anche al peso reale del prodotto (soprattutto in tempi di shrinkflation), alla qualità, all’origine e alla salubrità degli ingredienti.
Ogni singolo acquisto, sommato a quello degli altri, può fare la differenza. Preferire un prodotto rispetto a un altro può influenzare le scelte dei punti vendita, che si trovano a dover rifornire con ciò che effettivamente si vende. Di riflesso, anche le aziende produttrici vengono spinte a rivedere politiche di prezzo, qualità e posizionamento.
Per questo è importante non sottovalutare il potere che i consumatori hanno nel momento dell’acquisto.
Ma in un mercato dove la consapevolezza cresce, aumentano anche i tentativi di sfruttarla. È qui che entra in gioco il Greenwashing: più grandi sono le scritte “green”, “ecologico” o “sostenibile” sulle confezioni, più è importante accendere l’allerta. Siamo di fronte a un fenomeno in cui molte aziende si limitano a una “ripulita di immagine”, applicando etichette ambientali generiche senza che vi siano reali cambiamenti nei processi produttivi o nell’impatto ambientale.
Il termine Greenwashing – fusione di green (verde) e wash (lavare) – descrive una strategia di marketing che vuole far apparire un prodotto come ecologico o sostenibile, anche quando non lo è. Secondo studi recenti, claim vaghi come “riciclato”, “riciclabile”, “meno plastica” o “100% sostenibile” influenzano le scelte d’acquisto del 40% dei consumatori, che spesso non riescono a distinguere le dichiarazioni veritiere da quelle ingannevoli.
Queste etichette verdi possono attirare più di un prodotto realmente sostenibile, alterando la percezione e minando la fiducia. Serve quindi un occhio critico anche verso ciò che sembra “verde” a prima vista.
Scegliere con consapevolezza significa:
- Guardare al prezzo, sì, ma anche al peso reale del prodotto.
- Privilegiare il Made in Italy, sostenendo economia e filiere locali.
- Puntare su alimenti sani, limitando zuccheri, conservanti e ingredienti dannosi.
- Leggere con attenzione le etichette “green” e informarsi prima di affidarsi a slogan accattivanti.
Serve anche un’azione da parte delle istituzioni. È necessario che lo Stato vigili affinché i beni essenziali restino accessibili, in un contesto economico dove il potere d’acquisto è sempre più messo alla prova.
Ogni scelta ha un impatto. Ogni carrello è una dichiarazione. Sta a noi usarla con consapevolezza, evitando le trappole e valorizzando ciò che davvero conta: la salute di chi consuma e la reale sostenibilità di ciò che acquistiamo.
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