CONSIDERAZIONI SULLA RECENTE SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE RELATIVA ALL’ESTINZIONE ANTICIPATA DEI FINANZIAMENTI

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 263 del 22/12/2022, ha risolto la questione interpretativa relativa all’art. 11-octies del Decreto Sostegni bis, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui limita ai soli costi recurring il diritto alla riduzione spettante al consumatore, in caso di estinzione anticipata. Inoltre, per effetto della citata pronuncia della Consulta, il diritto del consumatore alla riduzione sia dei costi RECURRING (relativi all’intera durata del contratto) e sia dei costi UP FRONT (inerenti al momento della stipulazione del contratto), si deve applicare a tutti i contratti, sia antecedenti che successivi al 25 luglio 2021 (entrata in vigore del nuovo art. 125 sexies TUB).

Per comprendere gli effetti di tale sentenza, occorre preliminarmente ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale, che ha condotto all’adozione della disposizione censurata, ossia dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, introdotto in sede di conversione nella legge n. 106 del 2021. Il 23 aprile 2008 è stata approvata la direttiva 2008/48/CE, che disciplina i contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo.

La nuova normativa, diversamente dalla precedente, come si legge in sentenza, adotta una tecnica di armonizzazione piena, finalizzata a garantire «a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente dei loro interessi e che crei un vero mercato interno» (considerando n. 9). A tal fine, l’art. 22, paragrafo 1, dispone che «nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite».

Fra le disposizioni armonizzate si rinviene l’art. 16, paragrafo 1, secondo cui: «il consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto». Il diritto alla riduzione viene, dunque, rapportato al paradigma del «costo totale del credito». Questo è definito all’art. 3, paragrafo 1, lettera g), con riguardo a «tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte».

A fronte di tale disciplina, posta a tutela del consumatore, i successivi paragrafi dell’art. 16 prevedono, a favore di chi ha concesso il credito, il «diritto ad un indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, sempre che il rimborso anticipato abbia luogo in un periodo per il quale il tasso debitore è fisso». Quanto ai limiti – stabiliti sempre dal paragrafo 2 – per tale indennizzo, il paragrafo 4, lettera b), consente agli Stati membri di derogare alla disciplina uniforme, disponendo che il creditore possa «eccezionalmente pretendere un indennizzo maggiore se è in grado di dimostrare che la perdita subita a causa del rimborso anticipato supera l’importo determinato ai sensi del paragrafo 2». Nell’ordinamento italiano, la direttiva 2008/48/CE è stata attuata con il d.lgs. n. 141 del 2010, il cui art. 1 ha interamente sostituito il Capo II del Titolo VI del t.u. bancario.

In particolare, la disciplina del rimborso anticipato è stata recepita nell’art. 125-sexies t.u. bancario, il cui comma 1, prima delle recenti modifiche, recitava: «[i]l consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto».

Quanto alla nozione di costo totale del credito, essa è stata riprodotta nell’art. 121, comma 1, lettera e), t.u. bancario, secondo cui il «“costo totale del credito” indica gli interessi e tutti gli altri costi, incluse le commissioni, le imposte e le altre spese, a eccezione di quelle notarili, che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il finanziatore è a conoscenza». Il comma 2 sempre dell’art. 121 precisa, inoltre, che «[n]el costo totale del credito sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte».

Nei primi anni di applicazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, l’interpretazione della disposizione, accolta dalla giurisprudenza di merito e dall’ABF, ha visto riferire il diritto alla riduzione dei costi, conseguente al rimborso anticipato, alle sole voci soggette a maturazione nel tempo (costi cosiddetti recurring), con esclusione di quelle relative alle attività finalizzate alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipata (costi cosiddetti up-front). Sullo sfondo di tale prassi applicativa si rinviene anche l’argomentazione che collega il dato testuale della disposizione alla teoria della giustificazione causale delle attribuzioni, sicché si ritengono recuperabili i costi riferiti a prestazioni che conferiscono utilità collegate con la durata del contratto e, per converso, irripetibili costi relativi a prestazioni, la cui giustificazione causale abbia già trovato compimento.

A fronte della distinzione fra costi up-front, non ripetibili, e costi recurring, suscettibili di riduzione, nella realtà sono emerse condotte abusive nella qualificazione e nella imputazione dei costi; a esse l’ABF ha reagito – nelle sue decisioni – prevedendo che, a fronte di condotte poco trasparenti, in sede di predisposizione delle condizioni contrattuali, si sarebbero dovuti ritenere rimborsabili tutti i costi le cui ragioni fossero state opacamente manifestate.

La Banca d’Italia, a sua volta, è intervenuta con il provvedimento del 9 febbraio 2011, recante «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti – Recepimento della Direttiva sul credito ai consumatori» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 febbraio 2011, serie generale, n. 38 – supplemento ordinario n. 40), che ha emendato il precedente provvedimento del 29 luglio 2009.

Nella Sezione VII di tali disposizioni (Credito ai consumatori, paragrafo 5.2.1, lettera q, nota 3) si legge che «[n]ei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore». In successive Sezioni si precisa poi che le procedure interne dell’intermediario devono quantificare «in maniera chiara, dettagliata e inequivoca gli oneri che maturano nel corso del rapporto e che, in caso di estinzione anticipata, sono restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore» (Sezione VII-bis, «Cessione di quote dello stipendio, del salario o della pensione», e Sezione XI, «Requisiti organizzativi», paragrafo 2, comma 1, terzo alinea, nota 1).

In definitiva, le norme secondarie avallano l’interpretazione in base alla quale i costi soggetti a riduzione sarebbero i costi recurring e valorizzano, correlativamente, i doveri di trasparenza. Mentre il contesto nazionale si assestava nei termini sopra delineati, è intervenuta, su sollecitazione di un tribunale polacco, la già citata sentenza Lexitor della Corte di giustizia, 11 settembre 2019, in causa C-383/18, che ha interpretato l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, nel senso «che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito  include tutti i costi posti a carico del consumatore» (punto 36).

La Corte di giustizia ha preso atto che il riferimento alla riduzione dei costi nella citata disposizione si prestava – nelle varie versioni linguistiche – a essere riferito tanto ai soli costi «che dipendono oggettivamente dalla durata del contratto», quanto al metodo di calcolo della riduzione del costo totale del credito, che deve operare «in proporzione alla durata residua del contratto» (sentenza Lexitor, punto 24).

A fronte di tale incertezza ermeneutica, la Corte di giustizia ha ritenuto di valorizzare, sempre nel testo della disposizione, l’espressione «riduzione del costo totale del credito», che ha sostituito il precedente richiamo alla «nozione generica di “equa riduzione”» presente nell’art. 8 della direttiva 87/102/CEE (sentenza Lexitor, punto 28). Tale dato testuale, che rimanda in via sistematica all’art. 3, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2008/48/CE, ove si definisce il costo totale del credito, ha attratto – nella ricostruzione della Corte – il canone dell’interpretazione teleologica ispirato all’esigenza di garantire «un’elevata protezione del consumatore» (sentenza Lexitor, punto 29).

In particolare, la Corte di giustizia ha rilevato che «limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto» (sentenza Lexitor, punto 32).

Al contempo, la Corte ha precisato che l’interpretazione offerta non va a penalizzare in maniera sproporzionata i concedenti il credito, ai quali la direttiva ha riconosciuto «il diritto ad un indennizzo per gli eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito», lasciando oltretutto liberi, in questo caso, gli Stati membri «di provvedere affinché l’indennizzo sia adeguato alle condizioni del credito e del mercato al fine di tutelare gli interessi del mutuante» (sentenza Lexitor, punto 34).

Infine, un ulteriore vantaggio per il creditore, segnalato dalla Corte di giustizia, consiste proprio nell’acquisizione anticipata della somma prestata, ciò che gli consentirebbe di concludere un nuovo contratto di credito con ulteriori guadagni e benefici per il mercato (sentenza Lexitor, punto 35).

In definitiva, la Corte di giustizia ha interpretato l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, partendo da un dato sicuramente testuale, ossia il riferimento alla riduzione del costo totale del credito, per addivenire a un’interpretazione orientata a una elevata tutela del consumatore – che previene il rischio di abusi, a beneficio anche della concorrenza –, in presenza di contrappesi ritenuti adeguati a favore dei creditori. La citata sentenza Lexitor ha ispirato, in Italia, un numero cospicuo di pronunce dell’ABF e della giurisprudenza di merito, le quali hanno applicato l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla sentenza della Corte di giustizia. In particolare, si è ritenuto che, pur sussistendo una differenza lessicale fra la versione italiana dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva e l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, a tale differenza non potesse «ragionevolmente attribuirsi alcun significativo rilievo» (ABF, collegio di coordinamento, decisione n. 26525 del 2019). Si è, dunque, escluso che l’interpretazione in senso conforme alla sentenza Lexitor dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario potesse tradursi in una interpretazione contra legem, non ravvisandosi una violazione del dato testuale.

La conclusione è stata, pertanto, nel senso di una interpretazione conforme alla ricostruzione offerta dalla Corte di giustizia dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, senza che a ciò potesse ostare neppure l’esigenza di adattare il criterio di calcolo della riduzione alla peculiarità dei costi up-front, avendo la direttiva armonizzato solo il metodo della riduzione, ma non anche il profilo sopra richiamato.

All’esito di tale complessa vicenda, il legislatore, in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021 nella legge n. 106 del 2021, ha introdotto l’art. 11-octies, il cui comma 2 è censurato dalla Consulta. In particolare, il comma 1, lettera c), del citato articolo ha sostituito l’art. 125-sexies t.u. bancario, introducendo le seguenti modifiche. È stata riformulata la seconda parte del comma 1 con la previsione che il consumatore, in caso di rimborso anticipato, «ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte». Sono stati poi aggiunti un nuovo comma 2, che regola i criteri di riduzione degli interessi e dei costi, e un nuovo comma 3, che disciplina il diritto di regresso, derogabile in via convenzionale, del finanziatore nei confronti dell’intermediario del credito. È rimasta, invece, immutata la disciplina relativa al diritto all’equo indennizzo a favore del finanziatore, in caso di rimborso anticipato del credito, che è stata semplicemente traslata nei nuovi commi 4 e 5 dell’art. 125-sexies t.u. bancario.

Inoltre, con il comma 2 dell’art. 11-octies, è stata introdotta la disciplina censurata dalla Corte Costituzionale, secondo la quale «[l’]articolo 125-sexies del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come sostituito dal comma 1, lettera c), del presente articolo, si applica ai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti».

In altre parole, l’art. 11-octies, comma 1, lett. c) Decreto Sostegni Bis (D.L. n. 73 del 25/5/2021) ha sostituito l’art. 125-sexies (Rimborso anticipato) del TUB, Capo II (Credito ai consumatori), disponendo che “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore e, in tal caso, ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”:

La nuova formulazione dell’art. 125 sexies TUB allineandosi ai principi della sentenza Lexitor  prescrive pertanto che in ipotesi di rimborso anticipato del credito, il consumatore ha diritto ad una riduzione degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo del credito, con esclusione delle sole imposte.

Il nuovo art. 125-sexies (Rimborso anticipato) del TUB, Capo II (Credito ai consumatori) prescrive esattamente quanto segue:

“1. Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore e, in tal caso, ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte. 2. I contratti di credito indicano in modo chiaro i criteri per la riduzione proporzionale degli interessi e degli altri costi, indicando in modo analitico se trovi applicazione il criterio della proporzionalità lineare o il criterio del costo ammortizzato. Ove non sia diversamente indicato, si applica il criterio del costo ammortizzato. 3. Salvo diversa pattuizione tra il finanziatore e l’intermediario del credito, il finanziatore ha diritto di regresso nei confronti dell’intermediario del credito per la quota dell’importo rimborsato al consumatore relativa al compenso per l’attività di intermediazione del credito. 4. In caso di rimborso anticipato, il finanziatore ha diritto a un indennizzo equo e oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito. L’indennizzo non può superare l’1 per cento dell’importo rimborsato in anticipo, se la vita residua del contratto è superiore a un anno, ovvero lo 0,5 per cento del medesimo importo, se la vita residua del contratto è pari o inferiore a un anno. In ogni caso, l’indennizzo non può superare l’importo degli interessi che il consumatore avrebbe pagato per la vita residua del contratto. 5. L’indennizzo di cui al comma 4 non è dovuto: a) se il rimborso anticipato è effettuato in esecuzione di un contratto di assicurazione destinato a garantire il credito; b) se il rimborso anticipato riguarda un contratto di apertura di credito; c) se il rimborso anticipato ha luogo in un periodo in cui non si applica un tasso di interesse espresso da una percentuale specifica fissa predeterminata nel contratto; d) se l’importo rimborsato anticipatamente corrisponde all’intero debito residuo ed è pari o inferiore a 10.000 euro”.

Il Tribunale di Torino con ordinanza del 2/11/2021, ha rimesso alla valutazione della Corte Costituzionale la legittimità costituzionale dell’art. 11-octies, per contrasto con gli artt. 3, 11 e 117 della Costituzione, con conseguente trasmissione degli atti del processo alla Corte costituzionale, nella parte in cui la norma:

  1. a) prevede che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima del 25 luglio 2021 (entrata in vigore del nuovo art. 125 sexies TUB) continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies TUB e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti;
  2. b) limita ai contratti sottoscritti successivamente al 25 luglio 2021 i principi di cui alla sentenza Lexitored espressi nell’art. 16 par. 1 della Direttiva 2008/48/CE, come interpretata dalla sentenza.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 263 del 22/12/2022 ha risolto la questione interpretativa relativa all’art. 11-octies del Decreto Sostegni bis, dichiarando l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui limita ai soli costi recurring il diritto alla riduzione spettante al consumatore, in caso di estinzione anticipata.

Con la citata pronuncia della Corte Costituzionale, il diritto del consumatore alla riduzione sia dei costi RECURRING (relativi all’intera durata del contratto) e sia dei costi UP FRONT (relativi al momento della stipulazione del contratto), si deve applicare a tutti i contratti, sia antecedenti che successivi al 25 luglio 2021 (entrata in vigore del nuovo art. 125 sexies TUB).

In particolare, la Corte Costituzionale ha così motivato la propria decisione:

  1. L’art. 11-octies ha recepito il principio espresso dalla sentenza Lexitor secondo cui in caso di estinzione anticipata è necessario rimborsare al consumatore sia i costi recurring e sia i costi up front, ma ne ha limitato l’efficacia nel tempo ai soli contratti successivi al 25/7/2021, mantenendo la ripetibilità dei soli costi recurring in caso di estinzione anticipata dei contratti anteriori al 25/7/2021.

Tale risultato era ottenuto mediante il richiamo nell’art. 11-octies alle norme secondarie della Banca d’Italia che avallavano l’interpretazione in base alla quale i costi soggetti a riduzione sarebbero i soli costi recurring, come difatti così motivato dalla Corte Costituzionale nella citata sentenza:

“All’interno di esse [norme secondarie della Banca d’Italia], si rinvengono, quali norme pertinenti rispetto all’art. 125-sexies, tali cioè da giustificare un loro richiamo nello specifico contesto, quelle che si occupano del profilo della riduzione del costo totale del credito in conseguenza del rimborso anticipato. Si tratta, dunque, da un lato, delle norme che esplicitano che il diritto alla riduzione si riferisce ai costi recurring (Sezione VII) e, da un altro lato, delle norme che si soffermano sull’esigenza che siano quantificati «in maniera chiara, dettagliata e inequivoca gli oneri che maturano nel corso del rapporto», precisandosi che debbano essere restituiti al consumatore, in caso di estinzione anticipata, solo quelli non maturati, il che costringe a fare riferimento alla mera ipotesi in cui il consumatore abbia corrisposto anticipatamente costi non maturati (Sezioni VII-bis e XI)”.

  1. B) Compete solo alla Corte di Giustizia stabilire una eventuale limitazione dell’efficacia temporale delle proprie sentenze, non potendo essere attribuito tale compito al legislatore nazionale (come invece è accaduto con l’art. 11-octies):

“Si è già sopra chiarito (punto 11.2.) che gli effetti temporali di una sentenza della Corte di giustizia possono essere modulati solo dalla stessa Corte, nella sentenza che si pronuncia sul rinvio pregiudiziale, eventualmente su sollecitazione del giudice che solleva il rinvio o degli Stati membri che ritengono di intervenire nel procedimento presentando osservazioni. E – come si è già anticipato – la Corte di giustizia non ha disposto una modulazione temporale e ha svolto una interpretazione che ha preso le mosse da un dato testuale contenuto in tutte le traduzioni del paragrafo 1 dell’art. 16, vale a dire il riferimento alla riduzione del costo totale del credito” (Corte Costituzionale, sent. n. 263 del 22/12/2022).

In difetto di una limitazione temporale, che non è difatti contenuta nella sentenza Lexitor, i relativi principi sono applicabili a tutti i contratti, senza alcuna distinzione tra rapporti antecedenti e successivi a tale pronuncia.

  1. C) L’art. 11-octies ha illegittimamente operato tale limitazione temporale, prescrivendo illegittimamente l’applicazione della nuova disposizione ai soli contratti conclusi dopo il 25/7/2021, mentre per quelli conclusi precedentemente ha prescritto che continuasse ad applicarsi la precedente formulazione dell’art. 125-sexies TUB e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti.

Mentre la precedente formulazione dell’art. 125 sexies TUB non contrasta con i principi della sentenza Lexitor, il richiamo alle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia rende invece evidente, per la Corte Costituzione, il contrasto con la sentenza Lexitor, in quanto tali disposizioni si riferiscono al diritto alla riduzione dei soli costi recurring e non anche di quelli up front.

  1. D) Allo scopo di confermare i principi della sentenza Lexitor anche ai contratti antecedenti il 25/7/2021 e dunque applicare la riduzione dei costi recurring e dei costi up front, è sufficiente eliminare dall’art. 11-octies il richiamo alle norme secondarie di cui alle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia:

“Ma allora, posto che la precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, tuttora vigente, in virtù dell’art. 11-sexies, comma 2, per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, è – secondo questa Corte (punto 12.3.3.) – compatibile sul piano letterale con una interpretazione conforme alla sentenza Lexitor, tant’è che era stata già oggetto di tale adeguamento interpretativo, e posto che, sempre secondo questa Corte (punto 12.1.), il vulnus ai principi costituzionali censurati risiede proprio nel raccordo con le specifiche norme secondarie evocate dall’art. 11– octies, comma 2, le questioni di legittimità costituzionale possono essere accolte in linea con la prospettazione del giudice rimettente. 14.2.– La disposizione censurata deve, dunque, ritenersi costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia», sicché l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, che resta vigente per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, in virtù dell’art. 11-sexies, comma 2, può nuovamente accogliere il solo contenuto normativo conforme alla sentenza Lexitor”.

Dopo queste considerazioni vi è soltanto da aggiungere che chiunque abbia rimborsato un finanziamento, ha diritto al rimborso degli interessi anticipatamente pagati, nonché a tutte le spese sostenute proporzionalmente ai mesi di anticipazione, senza che abbia alcuna rilevanza la data di stipulazione del contratto e quella del rimborso.

Vi è un solo limite, ossia quello della prescrizione decennale, con la precisazione che alla stessa si accompagna il diritto agli interessi nel frattempo maturati.

 

 Giovanni Franchi

Presidente Konsumer Emilia Romagna