Luce e gas: fine della maggior tutela? Una catastrofe
Paolo Landi, presidente della Fondazione Consumo Sostenibile, spiega perché forzare le famiglie a passare al mercato libero è ingiusto e destinato a fallire “Chiediamo tutti insieme al Governo Gentiloni di ripensarci: il rischio sono aumenti a due cifre. Abbiamo delle proposte per coniugare tutela dei consumatori e concorrenzialità tra imprese”
Alessandra Schofield
Nel 2018 cesserà il sistema di “maggior tutela” per energia e gas, a favore di una totale liberalizzazione del mercato. Abbiamo chiesto a Paolo Landi – presidente della Fondazione Consumo Sostenibile, molto vicina a Konsumer – quali saranno le conseguenze per i consumatori e quali strade alternative sono percorribili.
Perché ritiene che il definitivo passaggio al mercato libero sia un danno per i consumatori e che questo cambiamento non possa condurre ad una maggiore concorrenzialità del mercato?
Il mercato libero dell’energia oramai esiste da dieci anni ma, nonostante tutte le visite a domicilio e le telefonate dei call center all’ora di pranzo e cena, solo una famiglia su tre è passata al mercato libero. Il motivo è la mancanza di fiducia, giustificata, perché chi ha scelto questo passaggio ha inizialmente goduto di tariffe promozionali che poi sono state elevate notevolmente, vanificando il risparmio. In realtà, dunque, il mercato libero ha reso più cara la luce del 15% ed il gas del 7%. E come se non bastasse, sono esplose le pratiche commerciali sleali: il mercato libero, finora, si è rivelato più costoso e non in grado di proteggere i consumatori. Liberalizzazione dovrebbe significare maggiore concorrenzialità, ma in Italia c’è un oligopolio di quattro o cinque imprese che si dividono l’85% del mercato e nei singoli territori, poi, assistiamo a veri e propri monopoli. In Inghilterra, considerata il faro del mercato libero, uno studio dell’Autorità antitrust ha dimostrato che le compagnie elettriche acquistavano l’energia quando era più cara per mantenere elevate le tariffe; bene, la stessa cosa è successa anche in Italia.
Perché il Governo Italiano ha decretato la fine del mercato di maggior tutela?
Il precedente Governo ha deciso che a giugno 2018 dovrà essere abolita la maggior tutela, con la motivazione ufficiale che questa contrasta con le norme europee sulle tariffe amministrate. Ma è falso, perché le indicazioni Ue riguardano unicamente le tariffe amministrate in presenza di agevolazioni da parte dello Stato. Il mercato di “maggior tutela” italiano non prevede alcun sussidio statale ed è stato addirittura riconosciuto come una best practice nelle esperienze europee. La reale motivazione della decisione del governo italiano, quindi, è di tipo ideologico: l’obiettivo è considerare l’energia non più un servizio ma un business. Si tratta di una scelta che risponde solo alle pressioni delle imprese, ma non alle esigenze delle famiglie.
Qual è stato l’atteggiamento dell’Authority per l’Energia in questa vicenda?
L’autorità ha inizialmente difeso la “maggior tutela” come cosa positiva, affermandone la coerenza con le norme europee. Come più volte ha ripetuto il presidente dell’Autorità per l’Energia Guido Bortoni “Non esistono prezzi regolati. Esistono solo prezzi di riferimento indicati dall’Autorità per l’Energia basati sul prezzo dell’energia all’ingrosso, prezzi determinati da acquisti compiuti sul mercato e non influenzati in alcun modo da condizionamenti di tipo amministrativo”. Poi si è uniformata alle posizioni del Governo, limitandosi a cercare di rendere il passaggio definitivo al mercato libero più “digeribile”, introducendo il concetto di tariffa e contratto standard e una comparazione delle tariffe semplificate. A fronte della persistente resistenza delle famiglie, poi, si è inventata la cosiddetta “tutela simile”, una sorta di premio per chi passa al mercato libero, ma che in realtà è solo una trovata per forzare le famiglie verso una scelta che fino ad oggi hanno respinto. I comparatori, i contratti e le tariffe standard sono cose di per sé positive, ma quelle poche garanzie in più non bastano. Tra l’altro, Autorità e associazioni hanno lavorato due anni per rendere la bolletta più trasparente, ma il risultato non è dei migliori. Individuare l’informazione più importante, cioè il costo di un kilowattora di luce o un metro cubo di gas è tuttora molto difficile, se non impossibile.
Perché i comparatori di tariffe sono utili?
Vi è stata una lunghissima discussione a Bruxelles, presso l’Autorità dell’energia Ue proprio su questo. Il comparatore è utile, ma per funzionare deve comparare tariffe standard, fatte con gli stessi criteri per tutti gli operatori e legate ad un consumo tipico di una famiglia. Comparare centinaia o migliaia di offerte commerciali è impossibile. Quindi è necessario che ogni operatore metta sul comparatore la propria tariffa standard e poi può tranquillamente proporre altre offerte commerciali; ma la comparazione, per essere comprensibile, deve essere effettuata su una tariffa standard, ad un prezzo pulito, senza premi o sconti o promozioni. Solo così i comparatori possono essere utili e importanti strumenti di informazione. Diversamente, rappresentano un ulteriore modo di raggirare i consumatori con comparazioni tra tariffe promozionali che hanno scarsa validità. Se si aggiunge che le tariffe promozionali hanno una durata inferiore a quella del contratto, chiaramente il consumatore rischia di pagare le penalità nel caso in cui intenda rescindere il contratto a fine promozione.
Quali saranno le immediate conseguenze, per i consumatori, dell’abolizione della maggior tutela?
Non c’è bisogno di essere profeti, basta guardare cosa è successo nel mercato Rc Auto quando sono state abolite le tariffe regolati: aumenti a due cifre per nove anni. Lo stesso accadrà per luce e gas, e quel “premio” per la tutela simile verrà recuperato ampiamente con gli aumenti tariffari successivi.
Esiste, secondo lei, una strada oggettivamente percorribile che contemporaneamente protegga gli utenti di energia e gas ed incentivi la concorrenzialità in questo tipo di mercato?
Si possono fare due cose molto semplici: prima di tutto, rimettere in discussione la decisione di sopprimere il mercato di maggior tutela. Poi, raccogliendo i consigli della stessa Commissione Ue, trasformare l’Acquirente Unico che acquista oggi l’energia per il mercato di maggior tutela, in una National Energy Community, cioè una struttura no profit che continua a fare quanto fatto fino ad oggi: acquistare energia sul mercato per rivenderla alla Community. L’unica differenza è che la Community opera solo per chi ne fa domanda, cioè chi si associa.
Ci spieghi meglio cosa sono le Energy Community e se esistono esperienze in questo senso, in altri Paesi…
Le Energy Community sono una realtà in Inghilterra ed in Austria, per fare solo due esempi, e si tratta di una forma di acquisto consigliata in un documento della Commissione Ue (A new deal for Energy Consumer) dello scorso anno. Una Energy Community è una sorta di gruppo d’acquisto che può riguardare un comune, oppure un quartiere o un condominio. Ma affinché questo sistema possa funzionare, occorre anche un altro passo importante, che la Fondazione ha proposto a Bruxelles con un proprio documento: l’acquisto di energia in pacchetti prepagati, che può essere effettuato al supermercato oppure on line. Una soluzione che supererebbe i vincoli dell’attuale contratto di servizio, che necessita di uno switch per poter cambiare operatore. Si aggiunga che con questa soluzione non sarebbe più necessario la lettura dei contatori, la fatturazione e anche il rischio di insoluto verrebbe eliminato, contribuendo quindi a ridurre il costo dell’energia. In Inghilterra ed in Austria si sta già sperimentando queste forme di prepagato con successo. Le attuali tecnologie consentono l’acquisto di “ricaricabili” anche per l’energia. Ciò consentirebbe al consumatore di acquistare energia nelle offerte più convenienti. Gli smart meter, cioè i contatori intelligenti, rendono possibile questa operazione. Così si può creare effettivamente un mercato concorrenziale, una competizione virtuosa tra consumatori e imprese. Eliminando un effettivo competitor dal mercato quale l’Acquirente unico di oggi, andiamo semplicemente incontro a forti aumenti delle tariffe, che avverranno dopo le tariffe promozionali iniziali. La National Energy community potrebbe continuare a svolgere questo ruolo in futuro.
Sarebbe utile introdurre in questo ambito il diritto all’equo compenso per gli utenti vittime di informazioni ingannevoli o pratiche commerciali sleali?
Il Codice del Consumo, in Francia, prevede che in caso di gravi informazioni ingannevoli verso i consumatori non solo le imprese vengano sanzionate, ma deve risponderne personalmente anche il presidente/amministratore delegato/responsabile dell’azienda, che rischia fino a sette anni di detenzione e 700mila euro di multa, oltre ad un rischio di sanzione all’impresa fino al 10% degli affari. In Italia solo l’impresa è sanzionabile, e le società mettono a bilancio il rischio di queste sanzioni. Le multe, quindi, non rappresentano quindi un deterrente sufficiente ad eliminare le pratiche commerciali sleali e le informazioni ingannevoli. Occorre introdurre il diritto per i consumatori vittime di informazioni ingannevoli o pratiche commerciali sleali ad avere un equo compenso per il danno ricevuto. L’entità e le modalità del risarcimento possono essere delegate ad una trattativa tra azienda e associazione di consumatori. Solo in caso di mancato accordo può intervenire il giudice. Una proposta in tal senso è stata già presentata dalla Fondazione all’Ue nel documento European Consumer Code on Energy nell’ambito di un dibattito aperto a livello europeo. Si tratta di un’esperienza già collaudata in Italia nel settore bancario e autostradale.
Come si pone in questo contesto la produzione autonoma di energia da parte delle famiglie?
Si tratta di una scelta molto importante ed oggi è molto meno costosa di qualche anno fa. Con le tecnologie odierne si possono installare i pannelli fotovoltaici sulla propria abitazione per essere autonomi sul piano dell’energia, ma permane la necessità di risolvere il problema di poter vendere direttamente l’energia inutilizzata invece di essere obbligati ad immetterla nel sistema e poi riacquistarla dal sistema stesso. C’è poi un altro nodo da sciogliere, meno semplice da affrontare: l’aumento della produzione autonoma di energia da parte dei consumatori autoproduttori significa che i costi del sistema elettrico sono ripartiti su un numero minore di utenze che restano nel sistema. È impensabile però porre gli oneri di sistema unicamente a carico di quei pochi che ci restano, ma dovrebbero comunque essere sostenuti almeno in parte da tutti. Alcuni Paesi come la Spagna hanno già definito il costo del sistema che rimane a carico degli auto produttori. Lo so, è un discorso scomodo ma va fatto. Infine, occorre porci anche il problema del costo elevato e dell’inquinamento legato allo smaltimento delle batterie. Sicuramente l’autoproduzione è destinata a crescere, non solo a livello delle singole famiglie ma anche a livello condominiale o di quartiere, come succede all’estero.
Cosa possono fare le associazioni dei consumatori, qualora il mercato di maggior tutela venga effettivamente cancellato?
Alle associazioni consumeristiche dico “Mettiamoci assieme per chiedere al premier Gentiloni di ripensare questa scelta. È un obiettivo che possiamo realizzare”. Qualora dovessimo fallire, possiamo percorrere la strada cui accennavo prima delle Energy Community e dell’acquisto dei pacchetti prepagati di energia. C’è poi eventualmente la soluzione, ampiamente utilizzata in altri Paesi europei che hanno già subito la liberalizzazione del mercato, che prevede switch organizzati. L’associazione dei consumatori valuta cioè le tariffe sul mercato, sceglie l’operatore più vantaggioso ed organizza per i propri iscritti il passaggio a questo fornitore, con il quale ha contrattato tariffa, trasparenza e servizi. Orientativamente, il contratto potrebbe avere durata annuale, al termine del quale l’associazione dei consumatori effettua una nuova ricerca ed eventualmente cambia ancora fornitore a favore dei propri associati. Naturalmente, qualora nell’arco della vigenza contrattuale l’impresa non rispettasse le condizioni pattuite, il consumatore dovrebbe poter cambiare.
Bonus energia elettrica e gas, quanto ne sanno le famiglie italiane?
Poco. Questo strumento è poco utilizzato dagli aventi diritto. Attualmente circa quattro milioni di famiglie si trovano in stato di povertà (vivono cioè con meno di mille euro al mese); ma le persone che godono del bonus energia elettrica e gas sono meno della metà (solo una famiglia su tre). C’è quindi un primo grande problema di informazione, che va risolto affinché tutti coloro che hanno i requisiti possano usufruire di questa agevolazione. Le associazioni dei consumatori ed i Caf sono a disposizione per fornire ogni chiarimento. Le associazioni dei consumatori, però, debbono anche muoversi per affrontare il problema degli scaglioni Isee: per il 2017 hanno diritto al bonus i nuclei familiari che hanno una certificazione Isee fino a 8.107,5 euro o a 20.000 euro se famiglie numerose con più di tre figli a carico. In questo modo, rimane penalizzato chi si trova nella fascia intermedia; bisogna quindi rivedere gli scaglioni.