Come capire se è stata pagata una tassa sui rifiuti più alta del dovuto? Come ottenere il rimborso?
Innanzitutto, bisogna armarsi di tanta pazienza.
Già, perché se il Ministero dell’Economia e delle Finanze prometteva di fare chiarezza sulla questione, in realtà la circolare pubblicata lo scorso 20 novembre non sembra aver dissipato tutte le incertezze dei contribuenti; viceversa, il caso Tari è ancora nel caos totale.
Una cosa è certa: stando alla circolare del Mef si può chiedere il rimborso dal 2014. Ma come? IL CASO TARI
Partiamo dall’inizio. La questione prende spunto dalla risposta all’interrogazione in Commissione n. 5-10764 dell’On. le L’Abbate, nella quale è stato chiesto se la quota variabile della tariffa debba essere calcolata una sola volta anche nel caso in cui la superficie dell’utenza domestica comprenda quella delle pertinenze dell’abitazione. Pare, infatti, che molti Comuni, grandi e piccoli, abbiano sbagliato ad applicare la quota variabile della Tari, poiché talvolta è stata computata la quota variabile sia in relazione all’abitazione che alle pertinenze, determinando, così, una tassa più elevata rispetto a quella che risulterebbe computando una sola volta la quota variabile rispetto alla superficie totale dell’utenza. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze conferma l’errore. Secondo la circolare pubblicata il 20 novembre u.s. è, infatti, “corretto computare la quota variabile una sola volta in relazione alla superficie totale dell’utenza domestica”. Si è, in tal modo, aperta la strada ai rimborsi in favore dei cittadini che hanno versato somme in eccesso a titolo di tassa sui rifiuti. L’ERRORE
Come prima cosa occorre controllare l’avviso di pagamento inviato dal Comune e verificare, in caso di pertinenze, che la quota variabile applicata risulti pari a zero euro. Solo attraverso questo controllo si potrà capire se sia stato sbagliato il calcolo e, quindi, se la tariffa sia stata gonfiata. Di solito nell’avviso di pagamento sono indicate, espressamente, sia la parte fissa sia la parte variabile della tassa: la parte variabile della Tari, in particolare, deve essere applicata una sola volta sulla superficie totale dell’utenza domestica, comprese le pertinenze (ad es. garage, cantine, soffitte, posti auto, mansarde ecc.), tenuto conto del numero dei familiari. Lo precisa il Mef nella circolare del 20 novembre u.s.: “Un diverso modus operandi da parte dei comuni non troverebbe alcun supporto normativo, dal momento che condurrebbe a sommare tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze, moltiplicando immotivatamente il numero degli occupanti dell’utenza domestica e facendo lievitare conseguentemente l’importo della Tari”. Potrebbe, però, addirittura anche accadere che la parte variabile non sia affatto specificata nell’avviso di pagamento. Insomma, rilevare le inesattezze potrebbe non essere semplice. I contribuenti più fortunati, potrebbero essere agevolati dalle dichiarazioni di alcuni Comuni che hanno ammesso l’errore; ma solo in pochi l’hanno già fatto. In ogni caso, la KONSUMER ITALIA, come associazione a tutela dei consumatori, fornisce tutta l’assistenza necessaria per scoprire le inesattezze nel calcolo della tariffa. LA DOMANDA
Supponiamo, ora, che dopo aver verificato attentamente la propria posizione negli avvisi di pagamento, il contribuente abbia con certezza rilevato l’errore nel calcolo della tariffa. Cosa fare, dunque? Ebbene, in tal caso bisogna presentare un’ istanza di rimborso delle somme versate in eccesso al Comune, se gestisce la tassa direttamente, o al Concessionario del Servizio, che si è occupato di riscuotere la Tari. Come chiarito anche dal Mef nella circolare del 20 novembre u.s. “ l’istanza, che non richiede particolari formalità, deve però contenere tutti i dati necessari a identificare il contribuente, l’importo versato e quello di cui si chiede il rimborso nonché i dati identificativi della pertinenza che è stata computata erroneamente nel calcolo della TARI”. Ma attenzione: il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto entro il termine di 5 anni a decorrere dal giorno del versamento, a norma dell’art. 1, comma 164, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. L’istanza, inoltre, va inviata con raccomandata con ricevuta di ritorno o con una mail di posta elettronica certificata (Pec), allegando gli avvisi di pagamento della Tari contestata. Il Comune dovrebbe provvedere al rimborso entro 180 giorni dalla presentazione dell’istanza. Se l’Ente dovesse negare espressamente il rimborso, il contribuente ha solo 60 giorni per presentare il ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale; ma se l’Ente, addirittura proprio non risponde entro il termine di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza, non rimane altra strada, se non quella di fare ricorso per far valere le proprie ragioni.
Occhio, però, alle istanze immotivate e ai ricorsi fai da te; sì, perché, per non correre il rischio di rimetterci di tasca propria, sempre meglio chiedere il parere e l’assistenza di un esperto. LA POSSIBILE BEFFA PER I CONTRIBUENTI
Nel caos innescato dal calcolo errato della Tari, oltre al danno, si profila anche la beffa per i contribuenti. Infatti, i contribuenti che hanno provveduto a saldare la tassa a seguito di un accertamento (anche in sede di rottamazione) difficilmente riusciranno ad ottenere il rimborso delle somme versate in eccesso, poiché il decorso del termine di 60 giorni dalla notifica cristallizza la pretesa impositiva. Ma vi è di più! La beffa è, in realtà, dietro l’angolo anche per i tutti i contribuenti che hanno pagato correttamente. Bisogna, infatti, considerare che, in base al Decreto Ronchi (D.lgs. 22/97) i Comuni determinano un piano di costi per lo smaltimento dei rifiuti, proporzionando la tassa sui contribuenti in modo tale da coprire interamente quel costo. Ebbene, in caso di rimborso, in favore dei contribuenti tartassati, della tariffa versata in eccesso il Comune avrà sempre quel determinato costo del servizio, ma qualcosa in meno in termini di incassi. Ne consegue, quindi, il rischio che i costi del mancato incasso vengano spalmati su tutti i contribuenti.
Per informazioni e approfondimenti: 392/0529258 – campania@konsumer.it
Avv. Stefania Palmariello
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