Tim e wind tre introducono la “CLAUSOLA ISTAT”: in arrivo nuovi aumenti tariffari

A seguito di diverse segnalazioni ricevute dagli associati e dalle notizie diffuse sul web, abbiamo appreso che le società TIM e Wind stanno promuovendo importanti e delicate novità sul tema delle tariffe di telefonia; è previsto infatti che queste aumentino automaticamente e in maniera inesorabile di anno in anno, escludendo di fatto il diritto del consumatore a recedere dal contratto senza penali e senza costi.

La Lega Consumatori segnala che queste novità contrattuali introdotte sono illecite e illegittime, in violazione del Codice del Consumo e delle delibere AGCOM in materia di diritto di recesso e ha richiesto l’intervento urgente delle Autorità.

TIM e Wind Tre, hanno ufficializzato all’incirca da fine novembre 2023, che le proprie offerte di rete fissa e mobile potranno prevedere l’adeguamento annuale dei prezzi all’andamento dell’inflazione, incrementato di un coefficiente di maggiorazione predeterminato.

Quindi, sicuramente per i nuovi clienti, verrà introdotta tale clausola, e ci sarà di conseguenza anche un aggiornamento per quanto riguarda le Condizioni Generali di Contratto, che prevedranno l’“adeguamento prezzi”. Con tale aggiornamento, viene in pratica introdotta la “clausola ISTAT”, con la quale l’operatore può adeguare i prezzi delle offerte in base all’inflazione.

 

In sostanza, si legheranno gli aumenti dei costi dei contratti, alle variazioni dell’indice dell’inflazione certificato dall’ ISTAT.  In sostanza, le tariffe verranno aumentate in automatico in caso di qualsiasi tasso di inflazione positivo, per un minimo del 5%, ogni anno.

Tali cambiamenti, vengono giustificati con l’esigenza di investire continuamente per migliorare il servizio e, la clausola in questione, sarà prevista già al momento della sottoscrizione dei nuovi contratti, a partire da gennaio 2023.

Diversa è invece la situazione per i contratti già in essere, perché una clausola di questo tipo, non può essere introdotta unilateralmente e deve allora prevedere, nel caso in cui si decidesse di imporla, il diritto di recesso per il cliente.

E qui, si apre un nuovo scenario.

Infatti, TIM, ha già dichiarato che questa nuova clausola, sarà introdotta anche in caso di cambio piano da parte del già cliente, così da estendere sempre di più questo meccanismo delle tariffe legato all’inflazione.

Wind Tre, invece sta inviando, proprio da fine Novembre, dei messaggi ai già clienti, riguardanti modifiche unilaterali del contratto, consistenti nell’aumento del costo pari a 2 euro. Eventualmente, non si accettasse la variazione, recesso entro 60 giorni, senza costi. Dopo 24 ore, viene inviato un altro sms, con il quale si scrive che in riferimento alla variazione contrattuale comunicata il giorno prima, si dà la possibilità di mantenere invariati i costi dell’attuale offerta, inviando un sms di risposta.

Quindi i costi rimarranno invariati ma, il contratto? Chi ci assicura che non venga rinnovato alle nuove condizioni contrattuali che il gestore ha deciso di prevedere, cioè quelle con l’aggiornamento ISTAT?

 

È anche vero che il cliente può sempre decidere di cambiare operatore, per evitare queste maggiorazioni ma, oramai siamo abituati al fatto che aperta la strada da un gestore, gli altri seguono a ruota; tipico è il caso della fatturazione a 28 giorni, dove è dovuta intervenire l’Autorità di settore per porre un freno e ancora oggi i consumatori non hanno ottenuto i dovuti rimborsi. Attenzione allora a quello che si sta muovendo sul mercato della telefonia. Sicuramente Konsumer, che fin da subito aveva sollevato questa problematica, continuerà a operare per far sì che gli utenti non subiscano anche questo ulteriore salasso, denunciando tali modalità attuate dai gestori.

Valentina Masciari, responsabile assistenza utenze Konsumer, ha dichiarato: “Ritengo che questo tipo di pratiche, che di fondo limitano il diritto di recesso in caso di modifiche unilaterali e comunque espongono i consumatori ad aumenti neanche facilmente calcolabili e definibili, rende il consumatore ancora di più parte debole nel rapporto contrattuale con il proprio gestore che decidesse di adottare questa variazione dei prezzi, per come indicato. Se poi, come già successo e la storia recente ce lo dimostra, anche gli altri gestori di telefonia, decidessero di seguire tali scelte, verrebbe in un certo senso, minata anche la libera concorrenza, con conseguenze negative sempre per i consumatori”.