Bisogna superare gli interessi personali in nome del bene comune: dalle coperture assicurative la possibilità di ripartire per aziende e famiglie
Di Alessandra Schofield
A distanza di quattro mesi dall’inizio di quegli eventi sismici che hanno devastato l’Italia centrale, esaurita l’onda di emotività e della prima emergenza ma non certo la necessità di rispondere a chi ne ha subito così duramente le conseguenze, è tempo di iniziare riflessioni concrete su come porre in atto tutte le azioni necessarie a proteggersi in futuro. Abbiamo intervistato Antonio Coviello, ricercatore e responsabile Risk Management e Assicurazioni presso il CNR di Napoli – Istituto Ricerche Innovazione e Servizi per lo Sviluppo e docente di marketing assicurativo presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli.
In Italia si continua a morire per terremoti e catastrofi naturali come se fosse ineluttabile. Si può fare prevenzione, e come?
Sebbene i terremoti e le calamità naturali in genere non si possano prevedere, sicuramente un’attività di prevenzione tramite strumenti di risk management può aiutare a ridurre i danni. E poi la diffusione di coperture assicurative potrebbe sostenere economicamente le aziende ed i cittadini colpiti, in modo da accelerare la ripresa della produzione o della vita quotidiana.
In termini economici, è possibile fare una stima di quanto costano allo Stato italiano la ricostruzione e/o la ristrutturazione di tutti gli edifici danneggiati dagli ultimi eventi sismici da agosto in poi?
La stima economica dei danni viene fatta dalle Prefetture e non è ancora disponibile quella relativa agli ultimi eventi catastrofali. Posso tuttavia dirle che negli ultimi venti anni lo Stato ha sborsato in media 4 mld di euro l’anno. E l’Italia è un Paese a forte rischio non solo sismico, ma – a seconda delle zone – alluvionale, franoso, di inondazione, gelo e grandine. Oltre l’80% della popolazione italiana vive in comuni a rischio di calamità naturali. Siamo dunque estremamente esposti, ma non ci stiamo muovendo con sufficiente decisione e rapidità.
Konsumer sostiene con forza la necessità di introdurre obbligatoriamente le polizze sui danni da eventi naturali catastrofali. Una partnership pubblico-privato tra compagnie assicurative e Stato può essere la via percorribile? Quali, secondo lei, i maggiori ostacoli?
È una posizione che sposo senz’altro anche io ed è confermata da quanto accade in moltissimi altri Paesi industrializzati: abbiamo esempi di buone pratiche, per quanto riguarda i sistemi misti di copertura pubblico-privato, in Svezia, Germania, Francia, Spagna per restare in Europa, ma anche in Turchia e Giappone, dove l’assicurazione è talora obbligatoria e talora no. Non sono in molti a sapere che tutti noi cittadini italiani stiamo ancora pagando i danni dei terremoti in Belice, nel 1968, ed in Irpinia, nel 1980, e lo stiamo facendo tramite tasse una tantum e – soprattutto – tramite le accise sulla benzina. L’aspetto negativo di questa modalità non sta solo nel fatto che il contributo dei consumatori è silente ed inconsapevole, ma anche nella totale impossibilità di esercitare controllo sulla destinazione effettiva di queste somme. In un’ottica di partnership pubblico-privato lo Stato avrebbe al contempo ruolo di concorrenza nei pagamenti e di vigilanza sulle entrate e le uscite. Purtroppo sono convinto che, dopo tanti discorsi, ancora non si sia fatto nulla di concreto perché qualcuno ha posto avanti i propri interessi personali nel rallentare questo processo virtuoso.
Quale potrebbe ipoteticamente essere, per i cittadini, il costo ipotetico e ragionevole di una copertura contro gli eventi catastrofali?
L’Ania ha valutato in € 150 l’importo annuale per assicurare una casa di circa 100 mq. È chiaro che la somma a carico della singola famiglia si ridurrebbe in maniera direttamente proporzionale al numero della popolazione di assicurati. In questo senso giocherebbe un ruolo importante l’obbligatorietà della copertura: il prezzo si abbasserebbe per tutti laddove oggi i costi per il singolo – soprattutto in determinate zone del Paese – è proibitivo. Obbligatorietà, dunque, significherebbe mutualità. D’altro canto, abbiamo un esempio lampante proprio a casa nostra: in Emilia Romagna circa il 30% dei residenti da anni stipula una copertura per la propria abitazione; così, dopo il terremoto del 2012, entro un anno molte aziende sono riuscite a ripartire e molte famiglie hanno potuto rientrare nelle proprie case.
L’Italia è notoriamente un Paese fortemente sottoassicurato; i consumatori italiani sono poco propensi a considerare le assicurazioni come una concreta forma di protezione contro i danni economici da eventi imprevisti. Perché, secondo lei?
L’Italia è l’ultima – rispetto agli altri Paesi Ue – per incidenza delle spese assicurative sul Pil.
È senz’altro un problema culturale, ma le compagnie di assicurazione debbono assumersene in parte la responsabilità. La cattiva gestione del settore Rc Auto, con tariffe che ancora oggi superano abbondantemente quelle praticate in altri Stati Ue, ha generato nei consumatori italiani una comprensibile e giustificata diffidenza, difficile da scardinare. Ci sono delle falle nel sistema che vengono scaricate sugli assicurati e la motivazione delle frodi, che sempre le imprese assicurative adducono, è vera solo in parte: le truffe incidono per meno del 3% sui sinistri pagati. Infine, l’Italia è caratterizzata da una forte impronta solidaristica, che rende il cittadino abbastanza sicuro di farcela contando solo sulla rete di relazioni e quindi senza necessità di ricorrere ad una polizza.
Cosa si può fare per aumentare la sensibilità e la consapevolezza dei consumatori sul tema delle coperture catastrofali?
Le compagnie debbono investire di più in comunicazione, promozione e diffusione della cultura assicurativa e soprattutto migliorare la propria credibilità presso i consumatori tramite comportamenti corretti e trasparenti e prodotti competitivi per il rapporto qualità/prezzo. Gli intermediari si trovano tra l’incudine ed il martello: subiscono di riflesso quella diffidenza che, come dicevamo prima, i cittadini provano nei confronti delle compagnie. Ma possono fare moltissimo per rendere più consapevoli le famiglie e gli individui delle proprie necessità assicurative. Infine, il Governo deve iniziare ad esercitare la volontà di aprire la strada ad un ottimo strumento di protezione globale, che porterebbe benefici per tutti i consumatori e per le casse stesse dello Stato.