Il Tribunale di Parma rimborsa un orfano che aveva investito in diamanti.

Credendolo un bene rifugio, un orfano 18enne aveva investito tutti i suoi risparmi in diamanti. L’Avv. Franchi, presidente Konsumer Emilia Romagna, ha assistito l’acquirente, ottenendo l’importante risarcimento di € 95.643,92

 

L’Avvocato Giovanni Franchi, Presidente della Regione Emilia-Romagna di Konsumer, vince ancora in materia di risparmio tradito, questa volta a causa dell’acquisto di diamanti a un prezzo largamente superiore al loro valore. Il Tribunale di Parma, con ordinanza in data gennaio 2022, ha condannato Banca Aletti & C. Banca di Investimento Mobiliare S.p.a., e per lei la sua mandataria Banco BPM S.p.a., al risarcimento della somma di € 63.756,95, oltre agli interessi e rivalutazione monetaria dall’acquisto in data 14/12/2011, così da arrivare a € 95.643,92. Da aggiungere, inoltre, anche le spese legali sostenute dall’investitore.

Queste le parole dell’Avv. Giovanni Franchi per spiegare la vittoria ottenuta in aula: “L’ordinanza è conforme ad altre, citate in motivazione, che hanno condannato gli istituti di credito che, in accordo con società come IDB, hanno alienato quelle pietre, senza informare il cliente del fatto che le stesse venivano vendute a prezzi eccessivi”.

Durante i periodi di crisi economica, molte persone cercano di mettere al sicuro i propri risparmi investendo sui cosiddetti beni rifugio. Il mercato dei diamanti è ancora guidato da logiche oligopolistiche, una forma di mercato che si caratterizza per una significativa interdipendenza strategica fra imprese. Una caratteristica che rende il diamante, appunto, un ottimo bene rifugio proprio perché non mostra segni di cedimento. Bisogna però prestare molta attenzione al momento di comprare. Quello dell’acquisto di diamanti presso gli istituti bancari, offerti ai clienti come se si trattasse di BOT, Fondi comuni, o di altri titoli destinati al risparmio o all’investimento di denari è un fenomeno molto frequente. la caratteristica di alcune di queste operazioni – come già spiegato dall’Avv. Franchi – è che i “brillanti”, di comune accordo tra le banche che li offrono ai clienti e le società che li vendono, vengono alienati a prezzi “gonfiati”.

E quello che è successo nel caso discusso dal Tribunale di Parma: un ragazzo di 18 anni, orfano di padre e che disponeva solo dei risparmi lasciatigli da quest’ultimo, è stato convinto da Intermarket Diamond Business S.p.a. (società poi fallita), presso la Filiale di Parma di Banca Aletti & C. S.p.a., ad acquistare diamanti, quale forma di investimento sicuro, per la somma di € 149.939,45. Appurata la frode, il ragazzo si è affidato

Il Tribunale di Parma ha ravvisato la responsabilità contrattuale di Banca Aletti e della sua mandataria Banco BPM S.p.a., per essere venuta meno ai suoi obblighi d’informazione nei confronti del cliente, cagionandogli così un grave danno, pari alla differenza tra la somma investita e il valore delle pietre in suo possesso.

Nella sentenza si evidenzia come la presentazione di una quotazione in costante crescita (la stessa Banca ha poi ammesso che non ne esisteva una vera e propria) forniva chiaramente una rappresentazione fuorviante del mercato di tali preziosi, al fine di avvalorare la bontà dell’investimento in termini di convenienza e redditività di lungo periodo (nella brochure si affermava che era “Un rendimento sicuro nel tempo” e che la sua “quotazione” era destinata ad aumentare naturalmente). Al contrario di quanto dichiarato, infatti, è poi emersa una notevole discrasia tra il prezzo proposto da IDB e quello reale. Al giovane orfano sono quindi stati riconosciuti i suoi diritti, ottenendo l’importante risarcimento di € 95.643,92.

Seppur soddisfatto, l’Avv. Franchi tiene però a sottolineare: “L’ordinanza è peraltro criticabile e meritevole di appello nella parte in cui, per quantificare il valore dei diamanti ancora in possesso del cliente, ha utilizzato una media tra due criteri, il Rapaport e Idex, quando gli altri giudici si sono sempre riferiti al primo. Il che avrebbe comportato la liquidazione di una somma maggiore a titolo risarcitorio, ossia € 97.703,45, oltre interessi”.