Sostenibilità, bella parola troppo spesso svuotata del suo significato. E’ il caso del nostro grano!

Ai coltivatori del nostro grano viene offerto sempre meno, tanto che si preferisce coltivare altro, abbandonare i terreni e non seminare grano. Sul mercato internazionale il grano si trova, abbondante ed economico; ma quali garanzie per il consumatore? Molto ridotte perché quel grano può provenire da zone di guerra, da paesi dove coltivare con il glifosato è del tutto legittimo malgrado sia una sostanza cancerogena, dove i controlli sono rari e superficiali ed il grano arriva in immense stive di navi che per settimane lo espongono all’umidità del mare.

La CIA ha lanciato una petizione online per la difesa del grano italiano, petizione a cui Konsumer Italia ha immediatamente aderito, è necessario che il paradigma si sposti dal costo del grano alla remunerazione dei coltivatori, è necessario che questa coltura torni ad essere profittevole per gli agricoltori magari limando sui lauti ricavi della grande distribuzione, ma è ancor più necessario che nelle etichette sia posta in buona evidenza la provenienza delle materie prime che compongono l’alimento acquistato.

La provenienza delle materie prima deve arrivare ad essere una guida da seguire per tutti i consumatori perché, almeno nell’alimentazione, i consumatori possono arrivare a decidere ciò che vogliono finisca nel proprio carrello della spesa premiando chi non risparmia sulla materia prima ma tutela la salute del consumatore offrendo un alimento 100% italiano.

Si alla tracciabilità delle materie prime negli alimenti, si alla tracciabilità del grano.

In Italia il grano duro è la prima coltura a superfice con circa 1.220.000 ettari, 200.000 aziende agricole e primo paese comunitario per produzione con circa 4 milinoi di tonnellate l’anno e secondo paese produttore al mondo dopo il Canada.

l’industria della pasta in Italia ha bisogno di circa 6 milioni di tonnellate di grano duro, quindi circa 2 milioni di tonnellate vengono dalle importazioni. Canada, Stati Uniti, Francia,  Kazakistan sono i maggiori paesi di importazione.

L’import  di grano duro dai mercati internazionali, non può però mortificare la produzione nazionale, serve rispetto, attenzione e trasparenza per i produttori ed i consumatori.

Ufficio stampa Konsumer Italia APS